Inutile fare le leggi se poi a pagare sono sempre gli stessi

E’ la realtà. Sotto gli occhi di tutti.

Questa considerazione è giustificata dalla concomitanza di alcuni fatti. Da un lato, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (28 dicembre 2013) di una legge che da attuazione allaConvenzione ONU sui diritti delle persone con disabilitàe dall’altro fatti di cronaca e posizioni comunitarie che vanno in direzione diametralmente opposta. Sulla Gazzetta Ufficiale del 28.12.2013 è stato pubblicato il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)  “Adozione del programma biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”,

Gattetta Ufficiale   http://bit.ly/1cBckQQ

un fatto positivo,  perché qualsiasi iniziativa volta a difendere i diritti e a favorire l’integrazione di soggetti così duramente colpiti come i disabili, non può che essere accolta con soddisfazione. Il piano d’azione biennale prevede 7 linee d’intervento volte a tutelare i diritti e a favorire l’integrazione delle persone disabili. C’è una premessa alla convenzione ONU di assoluta rilevanza. Si tratta di una ridefinizione della disabilità, non più vista come un fatto a sé stante,

   che riguarda esclusivamente la persona che ne è affetta, ma è il risultato “dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” (introduzione al DPR). 

Si specifica che le persone con disabilità sono parte integrante nelle società umana e lo Stato si deve fare garante di tutti i diritti che sono contenuti nella Convenzione e deve garantire al disabile la sua completa realizzazione nella società in base al principio delle pari opportunità. Di fatto, è definitivamente abbandonato l’approccio esclusivamente assistenziale sin qui adottato e rispondente alla logica semplicistica:”tu sei disabile hai un problema di salute e io istituzione ti fornisco assistenza”, per passare al più giusto approccio, che vede la piena realizzazione delle pari opportunità e rispondente alla logica: ” tu disabile sei una persona e hai gli stessi diritti di un normodotato e io istituzione devo garantire che questi diritti siano integralmente garantiti”. Ma qual era la posizione del disabile prima del 2006, ovvero prima della convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità, non era un essere umano?

Non faceva parte della società? All’ONU fanno capo più di 190 nazioni differenti per cultura, tradizioni e, soprattutto   molto distanti tra loro per democrazia e riconoscimento dei diritti umani.

 

Si può comprendere come l’ONU abbia sentito il bisogno di emanare una carta per uniformare un aspetto così importante come i diritti e l’integrazione sociale dei disabili.  A questo punto il documento dell’ONU s’inserisce nelle varie nazioni in maniera differente secondo la cultura, il grado di democrazia e di parità che la nazione ha in generale e nel settore specifico. Ci saranno nazioni per le quali il cammino sarà lungo per arrivare alle vere pari opportunità per i disabili mentre per altre questo cammino è iniziato da tempo  e la piena integrazione dei disabili se non un fatto compiuto è una realtà confortante.

La Costituzione italiana entrata in vigore il 1 gennaio 1948 quasi 60 anni prima del documento ONU,  definisce con chiarezza quali sono i diritti dei disabili e chi se ne deve fare carico. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ci ha insegnato a leggere appropriatamente due articoli fondamentali della costituzione, l’articolo 2 e l’articolo 3. L’articolo 2 stabilisce l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e vincola tutte le istituzioni della Repubblica  non solo a riconoscerli, ma anche a garantirli.

L’articolo 3 sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di condizioni personali e sociali

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Inoltre, la repubblica deve rendere effettiva questa uguaglianza. La convenzione ONU non ha modificato quasi nulla a quanto già stabilito dalla Costituzione. Il problema è sempre e soltanto, riuscire ad avere l’attuazione precisa e puntuale dei diritti sanciti. Proprio in questo inizio d’anno, la Commissione Europea ha inviato all’Italia due lettere di messa in mora per il mancato rispetto di quanto previsto in materia di trasporto con autobus e pullman, o in nave.

E questo dopo che la stessa Commissione aveva ripreso l’Italia per la mancata osservazione delle norme riguardanti l’inclusione lavorativa, diritto alla scuola,

diritto al lavoro e mobilità, tre cardini fondamentali per la vita di chiunque: in Italia il cammino sembra essere ancora lungo. Senza una vera cultura in tal senso non ci sarà mai una vera e propria politica a tutela dei diritti dei disabili. E la cultura non si fa a colpi di atti amministrativi. Ne è un indicatore il dibattito pubblico sui diritti delle persone disabili che, in altri paesi è particolarmente vitale, in Italia sembra essere appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori, o delle persone che si trovano a che fare con la disabilità in prima persona.

   I temi della disabilità ottengono con estrema difficoltà  l’attenzione dei media e soprattutto appaiono nelle  agende pubbliche solo quando si ipotizzano tagli  e non  nuovi importanti investimenti.

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fonte: www.fondazioneserono.it

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